La natura opera le proprie funzioni aumentandone la produttività, la resilienza e l’adattabilità tramite la biodiversità. Tuttavia, Il tasso di sfruttamento delle risorse naturali è stato più alto che mai negli ultimi decenni, vanificando i potenziali insiti nella natura.
L’Economia della Biodiversità
L’osservazione è stata espressa dal report “The Economics of Biodiversity”, conosciuto come “The Dasgupta Rewiev”, commissionato dal ministero del Tesoro Britannico al Professor Partha Dasgupta dell’Università di Cambridge e pubblicato il 2 febbraio 2021. Secondo i ricercatori, a livello globale il capitale produttivo naturale pro capite è diminuito del 40% contro il capitale produttivo pro capite e il capitale umano pro capite, rispettivamente raddoppiato e aumentato del 13% tra il 1992 e il 2014. Questo, a fronte di un consumo spropositato, pari a più di un pianeta all’anno.
Una visione economica del problema potrebbe essere la soluzione. Considerando la natura stessa come asset, ovvero come bene di proprietà di una azienda. Considerandolo alla pari del capitale umano (e quindi alla propria esigenza di conoscenza e di buona salute) e del capitale produttivo (ovvero del buon stato di edifici, strade e all’efficienza delle aziende) si potrebbe evidenziare il maggiore impatto sul benessere della collettività.
Quali azioni intraprendere per cambiare punto di vista?
Se si considera la “terra” come “bene di produzione”, tenendo quindi in debita considerazione i meccanismi di consumo e di produzione, evitando di sfruttarla sino all’esaurimento ma investendo su riciclo e riuso, si raggiungerebbero dei primi successi. Ma è necessaria un’ulteriore rivoluzione, a livello di sistema e di criteri. Per le valutazioni economiche mondiali su certi paesi è sempre stato utilizzato il concetto di PIL. Tuttavia il Prodotto Interno Lordo misura il valore aggregato in prezzi di mercato di tutti i beni e i servizi prodotti in un certo territorio in un certo orizzonte temporale senza considerare le condizioni dell’ambiente o il benessere non economico delle persone. Una differente misura in classifica potrebbe, secondo il report, migliorare i parametri da raggiungere e quindi le condizioni generali. Infine, imporre obblighi e vincoli sugli investimenti (pubblici e privati) verso scelte a maggior impatto positivo per l’ambiente e la sostenibilità potrebbe dare la svolta definitiva, accompagnata da una revisione dei contenuti educativi.