L’Italia sta affrontando gradualmente ma con coraggio una grande svolta green. Un ottimo segnale per il paese, che dimostra la presenza di energie positive volte ad imprimere un drastico cambiamento nelle abitudini e nella mentalità della popolazione e degli imprenditori.
I dati della Rome Business School
Secondo i dati rilevati dalla Rome Business School, registrati su un campione di 104 Comuni, il fenomeno si evidenzia soprattutto tra le piccole città, maggiormente predisposte rispetto alle grandi città ad affrontare le riforme della green economy. La ricerca “Smart cities: luci e ombre delle metropoli del futuro”, svolta in collaborazione con il network Formación y Universidades, ha dimostrato infatti che proprio i centri urbani di secondo livello siano quelli maggiormente predisposti ad accettare le sfide, ricercando un continuo sviluppo e rinnovo urbano ricostruendo il proprio tessuto strutturale e sociale in un contesto maggiormente inclusivo, innovativo, resiliente e proattivo. Una spinta al cambiamento che combacia con la grande spinta accelerata dalla pandemia, verso la ricerca di idee ecologiche, tecnologiche, green e sostenibili.
Le differenze locali
Il dinamismo è stato rilevato soprattutto nella zona del Nord-Est, con Trento in cima innanzi a Mantova, Pordenone, Bolzano e Reggio Emilia, ovvero (se escludiamo il Trentino Alto Adige Südtirol con le sue peculiarità) città non capoluogo di provincia e non di primaria importanza. La classifica appare invece molto negativa per le grandi città e per il Sud, con Roma e Napoli in fondo (89° e 90°) e non troppo sopra alle ultime classificate, ovvero Pescara, Palermo e Vibo Valentia. Se guardiamo nel complesso regionale invece è la Lombardia a dimostrare una maggiore attenzione ai temi ambientali, anche grazie a Milano, ventinovesima in classifica e unica grande città in alta posizione, a cui seguono il Lazio, il Piemonte e la Toscana, dimostrando tra l’altro maggiore incidenza dovuta all’elevata popolazione locale.
I motivi della dinamicità provinciale
Molteplici i motivi che hanno portato gli amministratori locali ad intraprendere questo sentire. Anzitutto gli alti consumi, sotto l’aspetto del costo energetico, dell’inquinamento e dello smaltimento dei rifiuti, che colpiscono duramente le grandi città, aumentando l’urgenza di una svolta ma al contempo rallentando il processo. In un certo senso però, il Covid-19 è venuto in soccorso ridistribuendo la popolazione. Per quanto le grandi città rappresenteranno sempre il volano della crescita economica (si parla a livello europeo di una crescita del 65% nel 2040 e del 70% nel 2050), la pandemia ha portato numerosi cittadini a valutare un cambiamento nelle proprie vite spostandosi su altri luoghi, specialmente in provincia. Questo ha comportato quindi un nuovo dinamismo per i centri ritenuti più “periferici” o dell’hinterland, stante la necessità di raggiungere un adeguato livello tecnologico e digitale, fondamentale per il mondo del lavoro, assieme a nuovi servizi e ad una nuova gestione dell’energia. Le “smart cities” insomma potrebbero modificare quei dati di crescita e grazie alle scelte sostenibili potrebbe avverarsi nei fatti la politica di rilancio delle “periferie” e delle aree interne.