Il mercato petrolifero continua a presentare contraddizioni a causa dell’influenza di numerosi fattori. Uno scenario del genere, preda dell’incertezza, inevitabilmente proietta a tutto il 2022 le difficoltà nella realizzazione di previsioni.
La pandemia, l’inflazione e le rinnovabili
La permanenza della pandemia Covid-19, nuovamente allertata dalla variante Omicron, influisce negativamente su tutti gli aspetti della vita sociale, a causa delle restrizioni e degli inasprimenti delle regole per la salvaguardia della popolazione. Così come in Italia si assiste ad una frequente analisi del fenomeno con rimodulazione delle normative, anche paesi come l’Olanda e il Regno Unito, precedentemente tendenti ad una minore restrizione, si trovano ora ad imitare le misure italiane se non ad assumere regole ancora più severe. Affianco all’emergenza sanitaria troviamo inoltre un rimbalzo della domanda di petrolio e gas nel 2021, che, seguendo le regole di mercato, aumenta i timori per una possibile inflazione e l’incertezza, di conseguenza, nel formulare una previsione sui prezzi rispetto a una domanda e ad una prospettiva così insicura. Infine, l’aumento di investimenti in politiche “green” e favorevoli alla decarbonizzazione, non corrisponde ancora ad una continuità crescente nelle domande, per cui se da un lato l’aumento della stessa domanda appare ineluttabile, dall’altra potrebbe tuttavia incappare in qualche rallentamento, rialzando la domanda di petrolio.
Previsioni contrastanti
L’argomento è stato affrontato da Oilprice, tra le principali aziende di analisi della domanda di mercato del greggio a livello mondiale. In merito al primo spunto, ovvero quanto il Covid possa interferire, vengono anzitutto registrati due pareri contrastanti, ovvero quello dell’OPEC (Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio) tendente a sminuirne la portata e a registrarla solo per un periodo breve, e quello dell’AIE (Agenzia internazionale per l’energia) timorosa di un rallentamento della ripresa della domanda per un periodo prolungato. E mentre l’ente di consulenza finanziaria JP Morgan ritiene che una crescita dei costi dei barili possa assestarsi sui 125 dollari per il 2022 e sui 150 dollari per il 2023, l’OPEC preferisce comunque mantenere una politica più accorta a favore di possibili aggiustamenti immediati non ponendo un prezzo prefissato sul cartello, generando ulteriore incertezza. Oilprice quindi, considerati questi dati, indicherebbe come prospettive una media del petrolio di circa 70 dollari l’anno, i quali tenderanno a raggiungere livelli superiori a 100 dollari al barile in un momento non meglio precisato tra il 2022 e il 2023.
Le temperature
Tuttavia un ulteriore spunto di riflessione è data dalle condizioni atmosferiche e di temperature. Secondo alcune analisi l’inverno potrebbe rivelarsi più freddo della media degli anni scorsi nell’emisfero settentrionale. Di conseguenza, ci si potrebbe aspettare un aumento della domanda di riscaldamento con combustibili fossili diversi dal gas naturale, aumentando di conseguenza la domanda di petrolio, innanzi ad una copertura ancora non uniforme e totale da parte delle energie rinnovabili, specialmente a fronte della chiusura recente di quattro reattori nucleari in Francia. Una condizione che, per l’Europa, si traduce nell’aumento di domande verso la Russia, con quest’ultima che tuttavia non ha ancora fissato con precisione le quantità di offerta extra allocabili sul mercato. In conclusione, gli analisti di Oilprice e i colleghi di WoodMac ritengono che i prezzi del gas in Asia e in Europa rimarranno superiori ai livelli pre-crisi, con un mercato del gas strutturalmente più rigido rispetto a prima del Covid anche dopo la primavera del 2022.