La delicata situazione geopolitica mondiale e la crisi sanitaria pongono all’Italia, tra i paesi che ricerca nuove fonti energetiche, sfide impellenti.
La ricerca nel Mare Adriatico
Tra le proposte sul tavolo, per quanto conteggiando comunque la necessità di spingere verso le fonti rinnovabili ci potrebbe essere un nuovo sopralluogo sul mar Adriatico alla ricerca delle fonti di gas locali. Secondo quanto rilevato dall’ENI, lo storico Ente Nazionale Idrocarburi oggi società per azioni, potenziare la produzione di gas naturale potrebbe portare ad un affare da 2,5 miliardi di euro in più all’anno, fino ad un massimo di 6,5 miliardi complessivi mettendo assieme le fonti adriatiche e siciliane.
L’import di gas
Secondo il ministero della Transizione Economica, nel 2021 sono stati prodotti 3,34 miliardi di metri cubi di gas, scendendo del 18,6% rispetto al 2020, registrando pertanto una decrescita in corso nel settore. Tuttavia la richiesta energetica risulta essere alta, con una domanda di 76,1 miliardi di metri cubi, in crescita del 7,2% rispetto all’anno precedente, evidenziando la forte dipendenza rispetto all’importazione da Russia, Algeria, Norvegia, Olanda, Libia, Qatar ed Azerbaijan, con quest’ultima come fornitrice e capo opposto del Gasdotto Trans-Adriatico (da cui sono arrivati 7,21 miliardi di metri cubi di gas nel 2021), una via che passa per un lunghissimo tratto in Turchia, altra nazione attualmente coinvolta nelle sfide geopolitiche mondiali.
Il Piano di Transizione Energetica
Da qui la proposta del Ministero con il Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee, conosciuto come Pitesai. Primario obiettivo del progetto è la ricerca, sospendendo la moratoria del 2019, di “zone idonee all’estrazione”. Lo studio coinvolge il 42% del territorio italiano di cui il 5% ricadente nelle acque territoriali nazionali, predisponendo tuttavia la chiusura alle attività in tutte le aree marine e terrestri non comprese nell’ambito territoriale di riferimento. Da questo, risulta che, secondo le stime degli ingegneri minerari e dei geologi, nel sottosuolo d’Italia potrebbe trovarsi una fonte valorizzabile come 1,8 miliardi di barili di petrolio e 350 miliardi di metri cubi di gas.
Le reazioni
Per quanto concerne la lettura dei dati, sono presenti numerosi pareri. Il giornale tedesco Frankfurther Allgemein Zeitung ha evidenziato l’interesse della Germania su queste valutazioni. L’Assorisorse (associazione di riferimento per l’industria mineraria e le estrazioni) prevede che, per raggiungere la quota di 1,6 miliardi di metri cubi estratti nel solo Adriatico e territorio emiliano-romagnolo contro gli attuali 800 milioni, sarebbe necessario un investimento di 322 milioni di euro. Ma per quanto concerne la giunta di Bologna, il giornale Resto del Carlino segna il generale appoggio all’iniziativa da parte sia del Partito Democratico che della Lega che dei sindacati, mentre nelle Marche la situazione risulta essere più conflittuale. Dal canto suo, Regione Veneto ha organizzato un vertice tra amministrazione ed industriali per vagliare ed affermare l’appoggio ad un investimento estrattivo in mare aperto, scontrandosi però con i timori di possibili ripercussioni per la Laguna.