L’Italia nel secondo trimestre del 2002 ha registrato una crescita del PIL pari all’1% rispetto al primo trimestre e del 4,6% in confronto a quello parimenti dello scorso anno, confermando una crescita costante dopo il periodo di lockdown, abbinata inoltre a 116mila nuove assunzioni. Eppure gli elementi di preoccupazione per il futuro globale restano elevati.
I cambiamenti climatici danneggiano le imprese
Roberto Basso, Direttore Relazioni Esterne e Sostenibilità Wind Tre, nel suo articolo “Non c’è tempo da perdere” pubblicato sul nono numero della rivista Dirigente a cura di Manageritalia, sostiene i timori degli economisti. Alcuni esperti ritengono, infatti, che in uno scenario in cui la temperatura media del pianeta aumenti oltre i 2 gradi centigradi, il PIL in Europa diminuirebbe contestualmente del 7,7%. Non a caso a livello mondiale, per via della prolungata siccità, è già stato registrato un rallentamento della crescita delle colture. Inoltre, secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite il totale netto delle emissioni di gas serra di origine antropica ha continuato ad aumentare nel periodo 2010-2019, al pari delle emissioni cumulate nette di CO2 dal 1850. La media annua delle emissioni di gas serra nel periodo 2010-2019 è stata superiore a quella di qualsiasi decennio precedente, sebbene il tasso di crescita tra 2010 e 2019 sia risultato inferiore a quello registrato tra 2000 e 2009. Secondo gli esperti, è necessario attivarsi con un approccio complessivo che tenga conto di una pluralità di fattori in ottemperanza all’Agenda Onu 2030 e al punto “Sustainable Development Goals – SDG”, includendo obiettivi di natura sociale e ambientale, per stemperare le richieste delle nazioni in via di crescita.
Nuovi standard da accettare e nuove ricerche
Larry Fink, amministratore delegato di Blackrock, ha indicato ai suoi stakeholder la mobilitazione delle imprese verso strategie fondate sui criteri ESG (Environment, Society, Governance). Secondo l’esperto, il 72% delle 250 aziende più grandi del mondo fa riferimento agli standard della Global Reporting Initiative (GRI), mentre 600 investitori, che gestiscono complessivamente 110 trilioni di dollari, fanno riferimento al Carbon Disclosure Project (CDP). Altro cardine è la ricerca costante, poiché innovazione e digitalizzazione possono aiutare ad abbattere i costi delle grandi opere per lo sviluppo (energie rinnovabili, tecnologie per la mobilità, cattura e isolamento della CO2, tecnologie satellitari e digitali che rendano più efficienti le attività tradizionali) permettendo una diffusione più capillare. Ma non solo, l’innovazione energetica è un bene per le aziende. I benefici potenziali dell’adozione di progetti di “business transformation” orientati a migliorare la sostenibilità aziendale vanno dal miglioramento del senso di appartenenza dei dipendenti all’attrazione dei consumatori più giovani, includendo anche una riduzione dei rischi.
L’importanza delle strategie
Per un’azienda (o una nazione) indovinare la migliore strategia e porsi prima degli altri nei nuovi settori energetici può rappresentare un vantaggio enorme. Possiamo considerare il curioso parallelo della corsa al riarmo tra l’Impero Britannico e l’Impero Tedesco, che, sebbene proprietarie di imponenti riserve di carbone adatte ad imporsi come le due maggiori concorrenti mondiali di fine Ottocento, capirono ben presto come i nuovi carburanti derivati dal petrolio sarebbero stati il motore del futuro, anche e soprattutto per la Royal Navy e la Kaiserliche Marine, portando così alla rincorsa del monopolio sul Medio Oriente (l’alleanza tedesca con l’Impero Turco-Ottomano, i mandati britannici in Mesopotamia e le colonie nella penisola arabica, la contesa del fronte africano nel secondo conflitto mondiale, la corsa anglo-sovietica e poi americana per il controllo della Persia).
È quanto sottolinea Carlo Benetti, Head of market research and business innovation di Gam, nel suo articolo “Guardiamo in faccia la realtà (anche se ci fa paura)”, citando inoltre le osservazioni del Presidente della Federal Reserve statunitense, Jerome Powell. Secondo le loro osservazioni bisogna tuttavia constatare la necessità dell’uso dei combustibili fossili ancora per qualche tempo, ma essendo difficile prevedere le dinamiche future dell’inflazione, il realismo impone di adottare per il futuro prossimo un atteggiamento di cautela.