La Commissione Europea apre all’energia nucleare e al gas come investimenti economici green. Cosa cambia in Europa con uno sguardo agli scenari energetici in Germania, Francia, Cina, Giappone, Russia, Stati Uniti, Messico e Qatar.
Le valutazioni della Commissione
Dopo una consultazione con i maggiori esperti sulla finanza sostenibile degli Stati membri, la Commissione ha elaborato una nuova tassonomia, ovvero una classifica e guida di valori per indirizzare gli investimenti privati nelle attività necessarie per raggiungere la neutralità climatica nei prossimi 30 anni. All’interno del nuovo testo, sono state ammesse come forme di energie rinnovabili il nucleare e il gas naturale. Una formulazione che tiene conto delle diverse realtà degli Stati membri, tra paesi ancora legati maggiormente all’uso del carbone e paesi più avanzati, proponendo comunque rigidi vincoli nel loro utilizzo. Accettare questa posizione è un invito ad accelerare l’eliminazione graduale di fonti più dannose, come il carbone, nonché permettere una maggiore varietà di fonti energetiche.
L’attesa approvazione del Parlamento e del Consiglio
Gli esperti comunque avranno tempo ancora fino al 12 gennaio per fornire contributi più precisi sulle regole di accesso, in attesa di un’ulteriore esamina da parte del Parlamento e del Consiglio europeo da qui a quattro mesi, per poterlo approvare o rimandare la proposta di due mesi ulteriori per perfezionarla. Questo scenario si potrebbe verificare in caso di diniego da parte del 72% dei rappresentanti nel Consiglio e della maggioranza semplice (353 deputati) nel Parlamento.
Il mercato nucleare in Francia e Germania
Il mercato del nucleare tuttavia si trova attualmente in una situazione di crisi in Europa. In Francia infatti una serie di crisi impreviste, danni strutturali e manutenzioni programmate, hanno causato la chiusura temporanea di numerosi impianti nucleari, di cui 4 nell’ultimo mese a Civeaux e Chooz. Il paese è così stato obbligato ad importare da 12 a 13 gigawatt (GW). In Germania la situazione è parallelamente ancora più stringente. Con la chiusura di tre centrali (Isar 2, Emsland e Neckarwestheim II) il paese ha dimezzato il numero di impianti, puntando su un aumento delle rinnovabili tramite eolico e solare che soddisfi l’80% della domanda di energia entro il 2030.
Il mercato del gas tra Germania e Russia
Per quanto concerne il gas, la Germania, che sembra rinunciare alle possibilità offerte dal nucleare, punterà invece sul gasdotto Nord Stream 2, tramite un accordo tra la tedesca Uniper e la Gazprom, azienda leader in Europa nonché influente colosso russo (con la linea del Baltico che potrebbe rivelarsi come contrappeso anche nella geopolitica russo-ucraina). Sempre sul piano energetico si registra una sfida tra Svezia e Stati Uniti, con l’azienda Northvolt in grado di inaugurare la prima batteria agli ioni in litio, superando le ambizioni della Tesla, grazie alle partnership con Volvo (e Polestar), BMW e Volkswagen.
L’indirizzo cinese e scozzese
Frattanto la Scozia (che può attuare politiche autonome all’interno del Regno Unito in materia) demolisce l’ultima centrale elettrica a carbone per puntare alle zero emissioni entro il 2045. Diversa la strategia cinese, volta a contenere le spese produttive. Pechino ha ordinato alle aziende controllate dallo Stato di ridurre il consumo energetico entro il 2025 del 15% rispetto al 2020 nonché di assicurare che oltre il 30% della loro capacità produttiva soddisfi standard più rigorosi di efficienza energetica.
Il mercato petrolifero
Il prezzo del greggio resta un elemento di grande preoccupazione. La Russia, tramite l’azienda Lukoil, ha reso noto che i prezzi potrebbero superare i 100 dollari al barile entro 2050, con l’inflazione e i prezzi del carbonio che potrebbero portare il costo a 380 dollari al barile nel 2050. Varie aziende del settore additano come causa principale la politica di Joe Biden negli Stati Uniti (senza considerare i rallentamenti dovuti alla crisi pandemica e agli uragani che hanno colpito le raffinerie del Golfo caraibico). Tra i paesi maggiormente impegnati nel tentativo di abbassamento dei costi tramite un rilascio nel Mercato delle riserve messe da parte troviamo il Giappone, intenzionato a vendere entro il 20 marzo 2022 629.000 barili di greggio dalle riserve nazionali, seguendo l’esempio della Corea del Sud che aveva venduto 3,17 milioni di barili tra raffinerie locali e gare. Al contempo uno dei maggiori esportatori verso l’Estremo Oriente, il Messico, proprio per ridurre le importazioni di greggio dall’estero, punterà all’autosufficienza bloccando l’export. Viceversa, il Qatar investirà 60 milioni di dollari per un nuovo gasdotto destinato alla Striscia di Gaza sostenendo la produzione elettrica palestinese (e aumentando la propria influenza nell’area). L’esportazione del greggio resta inoltre un tasto dolente nei rapporti tra l’Iran e gli Stati Uniti. I nuovi negoziati tra le due nazioni, la Cina e gli europei (con il Dragone e la Russia come principali partner), sono attualmente riaperti, con il paese islamico che parallelamente sta provando ad aumentare la produzione di gas per venire incontro alla domanda di Mercato nazionale e mondiale capitalizzando i prezzi.