Come anticipato nei due precedenti articoli, se Dossena ha saputo valorizzare i propri giovani e grazie ad essi il proprio patrimonio morfologico e storico, ovvero le miniere, questo si è rivelato cruciale anche sul patrimonio edilizio locale. Tanto che una struttura rurale, considerata sovente come un mero rudere, è stata invece valorizzata. Parliamo oggi del roccolo.
La realtà locale
Come raccontato tempo fa nei nostri articoli “Il rilancio turistico a Dossena, esempio virtuoso del Bando di Rigenerazione Urbana” e in “Evoluzioni funzionali nel tempo; l’utilità del Roccolo di Dossena nel tempo”, all’interno del Piano di Sviluppo Locale 2019-2024 il progetto è stato il fulcro per la nascita di una rete infrastrutturale a supporto dell’attività escursionistica, anche con fini didattici, formativi e divulgativi. Un percorso che parte da una radura (denominata localmente Tondo) che ricalca il tracciato dell’antica Via Mercatorum, innestandosi nel nuovo percorso escursionistico pedonale, ovvero il ponte tibetano. L’ex-Tiro a Volo si rivela in questo quadro un punto di rilancio centrale per le attività escursionistiche in corrispondenza dell’accesso al Ponte, valorizzandole ulteriormente, potendo permettere in questo spazio l’insediamento di una struttura multifunzionale, un presidio per il piccolo ristoro, la sosta, la realizzazione di eventi all’aperto nella suggestiva cornice della balconata aperta sulla valle, direttamente connessa alla dimensione naturalistica di questo luogo grazie alla conformazione della radura, che può vantare alberi secolari.
La struttura ed il suo contesto
Il Roccolo, un corpo turrito su tre piani intonacati (eccetto il lato a nord), è l’ultima costruzione presente nella suddetta radura: dall’impianto originale, che può essere con discreta certezza datato prima del 1936 (secondo quanto riportato nel PGT del Comune di Dossena in merito alle soglie di urbanizzazione), sono state aggiunte, tra il 1961 e il 2008 piccole costruzioni a struttura mista, adibite a magazzino o legate proprio alla pratica del tiro a volo. Il progetto è l’occasione per restituire a questo suggestivo luogo un nuovo ordine, derivato direttamente dall’impianto originale, rimuovendo le superfetazioni e i volumi accessori che ad oggi affollano il bordo della radura, quest’ultima oggetto di un’operazione più spiccatamente paesaggistica per valorizzare ulteriormente la cultura alpina. Il progetto di recupero e riqualificazione dell’area dell’ex-Tiro a Volo, della sua radura e degli alberi secolari, è solo il punto iniziale per la creazione di un nuovo polo ricettivo, turistico e culturale quale punto iniziale del Ponte Tibetano, un tragitto innestato su un sistema diffuso di itinerari ciclo-pedonali che lambiscono e percorrono l’abitato. Ne parliamo con Riccardo Omacini, consigliere in Comune nonché tra coloro che più si sono impegnati per quest’opere e la sua contestualizzazione.
Quanto era importante il roccolo nel passato, che funzione aveva?
«Il roccolo è una struttura identitaria del luogo, sia come edificio in sé, in parte oggetto di intervento, sia per la componente riguardante le aree all’aperto. Era uno spazio adibito alla cacciagione, con la struttura al centro attorniata da diversi alberi, disposti in circolo rispetto alla stessa o ai limiti, come nel caso di Dossena, collegati da una serie di reti poste tra questi per poter cacciare i volatili. Di per sé però non serviva per sparare, quanto per catturare gli uccelli e poterli usare come richiami per i più differenti usi».
Perché valorizzare proprio questa struttura?
«Il motivo principale è dovuto al fatto che la struttura è posta proprio all’inizio del Ponte Tibetano, diventando quindi un luogo strategico. Si pose infatti su una visione di larga scala che accomuna e collega i nostri progetti. Studiando infatti il territorio comunale e i siti da valorizzare “dall’alto”, abbiamo notato che partendo da ovest verso est considerando una isoipse tra le quote di livello, lungo di essa si pongono tutti i nostri progetti, dal rifacimento del centro storico in fase di studio a quello dell’ex municipio, il “giardino verticale” in fase di studio, il progetto per i nuovi complessi scolastici, l’hotel Mirasole, il ponte tibetano ed infine il roccolo, a chiusura di questa visione progettuale, arrivando ai confini Comunali. Le miniere sono alla parte esattamente opposta, il progetto più rilevante al momento».
In che modo il roccolo è diventato il centro del rilancio turistico della zona?
«Per la presenza del ponte tibetano. Oggi infatti manca un luogo di ristoro o di accoglienza, a supporto delle attività del ponte. Da questo scaturisce l’idea di recuperare la struttura, riportandola alla sua forma originaria con la conformazione turrita, la quale nel corso dei secoli è andata modificata. Da implementare inoltre con delle mini-funzioni, come un bar ad esempio o i servizi igienici. Abbiamo poi l’ambizione di costruire un teatro all’aperto nella zona sottostante al roccolo, con la terrazza panoramica come palco e la gradonata naturale, la quale era stata modificata dagli anni Novanta per essere destinata come area di tiro al volo, motivo per cui era stata costruita una platea a spalti. Insomma riconvertire il tutto a nuova funzione, come spazio di riposo e permettendo al pubblico di bearsi della vista panoramica. L’idea è che alla sera, dopo aver assolto alle sue funzioni a servizio del ponte, possa diventare un luogo di eventi e concerti. Così come la radura dove si arriva, un tempo interspazio tra il roccolo in sé e le file di alberi, che può diventare un ampio spazio per gli eventi. Non a caso proprio quella radura è stata utile per il catering durante l’inaugurazione del ponte tibetano. Ora l’area è completamente messa a cantiere per permettere questi progetti, ma l’idea lì potrebbe essere la costruzione di un’area ristoro più vasta ed attrezzata».
Oltre a questo progetto, quale potrebbe essere il futuro del roccolo?
«Stiamo puntando ad ottenere il finanziamento per un nuovo bando legato alla valorizzazione degli spazi dedicati alle scuole e a siti di supporto didattico. L’idea è di costruire un parco didattico dislocato in tre punti: uno in centro in Paese (ovvero il giardino verticale in fase di progettazione); una seconda area di fronte alle nuove scuole in via di costruzione; una terza composta dal percorso ad anello che porta da dietro alla chiesa fino al roccolo. Vogliamo costruire un parco dislocato “diffuso” partecipando proprio con i bambini, permettendo di conoscere il territorio, la flora e la fauna locale, ad esempio con piccoli orti e teche per insetti, installazioni divulgative. Simbolicamente, una conversione del roccolo stesso, che diviene un caposaldo per la salvaguardia della natura».